Sento straordinario condividere questo ricordo che come un lampo di alba mi balena dentro, ripensando alla cerimonia del Presidente MATTARELLA che esprimeva ieri la gratitudine del Paese alla Polizia di Stato, nella cerimonia al Quirinale, lontana dal bagno di folla degli anni passati, tra la gente “vessata” dal Covid. Nei brevi istanti televisivi, tra le poche Autorità, mi è sembrato di intravedere Alfredo RAFFUZZI, fiero come sempre. Ma chi è, chiederete? Quel mattino di autunno del 1970, cinque “carbonari” giunti da varie parti d’Italia avevano salito guardinghi le scale della CGIL, in corso d’Italia, a Roma: Annunziata, Giordani, Raffuzzi, Fedeli e io. Ci attendeva Luciano Lama e qualche suo collaboratore. Franco Fedeli aveva introdotto il tema: “la riforma democratica di polizia“. Luciano Lama, la pipa in mano, aveva espresso il suo interesse. Una sua frase ci aveva peò gelato: “ Bene. Ma non dimentichiamo che un solco profondo divide i lavoratori e i poliziotti!Quanti siete?”. Alfredo RAFFUZZI, con romagnola voce potente, aveva quasi gridato: “Luciano, ma Di Vittorio avrebbe chiesto questo ai braccianti?”. La pipa aveva sembrato fremere nelle mani di Lama, dal volto impassibile. Caro Raffuzzi, ti avrei abbracciato! Sì, mi commuovo! Qualcuno ha commentato il mio post di ieri, ricordando che il “poliziotto Alfredo” era stato anche partigiano, con Zaccagnini; altri ricordando la sua statura professionale. Io lo ricordo anche per la sua invenzione alla polizia scientifica della prima “macchina fotografica” che con uno scatto riprendeva i “segnalandi” da ogni lato, impedendo loro di alterare i connotati. Era stata apprezzata da tutte le polizie al mondo!
Dopo la cerimonia televisiva del Quirinale, ho sentito forte un impulso ( caso o provvidenza?). Ho cercato, e in una vecchia agenda trovato un telefono sotto al nome “Alfredo Raffuzzi“. Esitante ho chiamato! Mi ha risposto una voce, simile alla sua. Era Mirco, il figlio. Commossi abbiamo ricordato il nostro incontro, quando nella loro agreste casa di Cervia, ero andato a trovare sette anni fa Alfredo, molto malato, con vicino la moglie Gioconda, e i loro figli, lui e Anna Maria. Ora, Mirco è cinquantenne ingegnere e lei commercialista, e i loro figli pieni di speranza ed impegno. Proprio vero: “Il seme dà frutti, e buon sangue non mente”.
Caro Presidente MATTARELLA, con animo sempre grato e leale, Le chiedo: “Non sentiva che, in prima fila, c’era anche Lui, ALFREDO RAFFUZZI, carbonaro?”.  Buona vita a tutti. Vostro Ennio
PS. “Alfredo” è nelle foto che riporto, con altri “carbonari” e “persone di altra statura” che hanno contribuito a salvare la democrazia di questo sventurato Paese!
Stamane, dopola nostra telefonata Mirco, mi ha scritto questa mail:
Ennio grazie mille. Ė stato commovente, oltre che istruttivo. Voglio ringraziarti per la forza che hai nel portare ancora avanti gli ideali di democrazia. Oggi come allora, ce ne é sempre bisogno perché regredire é sempre più facile che progredire. È fondamentale, per le nuove generazioni, non solo acquisire memoria storica del percorso di democratizzazione della polizia, contestualizzato come tu hai fatto, ma avere un esempio vivente, di quei valori e di quei sogni, perché i giovani possano semplicemente avere i mezzi per capire cosa fu, cosa é, cosa potrebbe essere, nel bene e nel male. La possibilità di un futuro migliore passa anche da questo, e voglio ancora ringraziarti per esserne a tutt’oggi un fondamentale artefice”.
Grazie ancora Mirco, degno figlio di ALFREDO RAFFUZZI, poliziotto carbonaro, mio amico e Maestro”.  Ennio