Sentivo che Ubaldo da dentro le pareti di faggio guardava d’intorno, con gli occhi curiosi del saggio-bambino di sempre. Scuotendo la testa avrebbe voluto gridare: “Vedete, gente di poca fede e cultura?“. Ma mite taceva. L’aulica chiesa moderna era vuota, con nemmeno dieci persone. E sotto le mascherine era difficile riconoscere qualcuno. “Re Covid ci sta castigando- pensava- per farci riflettere in solitudine. Ah, l’Ecclesiaste, ha tutto previsto”. Si commosse riconoscendo dietro la bara, nei primi banchi, la zia Emma e il cugino Marcello. Ubaldo era stato per lui professore, maestro, e un po’ padre. Con loro, Covid o non Covid, sarebbe tornato a riposare nella tomba di famiglia,dove mamma e papà, lo aspettavano nel piccolo cimitero di Ancarano. Se non si fossero spaventati si sarebbe alzato per abbracciarli. La chiesa era semivuota. Poi era venuto il Sindaco di Pescara. Che belle parole aveva detto. E c’era pure il commissario poeta che aveva cercato di aiutarlo. Ma dov’era-sospirò- la ciacolante gente di cultura della dannunziana città ? Il Sindaco gli aveva letto nel cuore, ringraziando lui, Ubaldo Giacomucci, poeta, di avanguardia in tempi lontani, critico letterario, fondatore di casa editrice, riviste, organizzatore di concorsi, premi letterari. Insomma seminatore di cultura nella sonnolenta Pescara. Nemo profeta in patria. Certo, tutto era avvenuto improvviso, in quel maledetto clima di Covid, ma un pò più di gente se l’aspettava ! Pazienza, già era già tanto che non fosse finito dalla cella frigorifera in una anonima fossa. Gli ultimi tempi era stanco e in verità non avrebbe voluto disturbare nessuno. Ecco il sacerdote giunge al termine del rito e, spargendo l’incenso, invita gli angeli e i cherubini ad accompagnarlo in paradiso. L’odore un pò lo inebria. Lui, non fervente di fede, si é preparato. Illuminazione o dotta rimembranza della scommessa di Blaise Pascal?. La domenica, in Ospedale, mentre i medici tentavano di salvarlo ed il corpo si disfaceva, aveva ricevuto l’ostia che il cappellano don Giancarlo, gli aveva dato. Certo ora si sentiva più leggero, col suo oltre il quintale! Alla porta della chiesa, l’ultimo saluto. Poi via nel carro nero, verso il forno che lo avrebbe reso cenere, per tornare nella tomba di famiglia ad Ancarano”. Mi sono scosso, e nel velo delle lacrime ho rivisto, quel mattino in cui lo avevo soccorso. Il suo viso pacioso spuntava dalle coperte. Mi aveva sorriso col pollice alzato, mentre l’ambulanza squarciava il silenzio. Ciao Ubaldo. I giornali cittadini l’indomani hanno scritto del “poeta solitario”, qualcuno condividendo col cuore “che ora stai recitando le tue poesie agli angeli”, qualcun altro, pensando più al grassetto dei nomi. Ciao Ubaldo, e grazie per avere pubblicato con maestria il mio libro, con la tua prefazione. Chi vorrà potrà leggerlo e scaricarlo dal mio sito. Sarà come sentirti vicino. Ciao Ubaldo, poeta, maestro ed amico. Tuo Ennio