Sono trascorsi sia il 27 gennaio il giorno della Memoria della Shoah e sia il 10 febbraio, con intermezzo euforia di Sanremo, quello del Ricordo delle Foibe. Se ne è molto parlato sui media. Forse, speriamo per pochi, in “rituale politico sul teatro mediatico”, con sottili distinguo su: chi aveva ragione? Chissà se potrà esserci mai un GIORNO UNITARIO DELLA DISUMANITA’ e che possa celebrarsi IN PACE QUELLO DELLA FRATERNITA’. In questa ottica, sento doveroso ricordare Giovanni PALATUCCI, l’ultimo Questore di Fiume Italiana, che forse inseguì tale sogno. Pur potendo mettersi in salvo, dopo l’armistizio dell’8 settembre ’43, innamorato di Fiume, restò al suo posto, cercando di aiutare “fratelli ebrei” dalla deportazione nazista e perseguitati politici italiani e slavi dalla ferocia “partigiana titina”. Nel settembre 1944, tradito da qualche giuda, fu arrestato dalla Gestapo, detenuto e torturato al Coroneo di Trieste, deportato ad ottobre a Dachau, dove morì il 10 febbraio a 36 anni col numero 117826. Quel che ne resta giace in una fossa comune sulla collina di . In un lettera scriveva ai suoi genitori “Vogliono farci credere che il cuore sia solo un muscolo”. Così lo ricorda l’avvocato e storico ebreo Paolo Santarcangeli, da lui salvato: “Chi era Giovanni Palatucci? Solo un piccolo commissario di pubblica sicurezza. Non aveva la vocazione dell’eroe, ma era un uomo pietoso. Furono i tempi a farne un eroe. Era piuttosto minuto, curato nella persona, d’un colorito pallido, esile, salute cagionevole. Amava la vita, gli scherzi, le nostre ragazze: in quel tempo era innamorato di una giovane, vedi combinazione, ebrea, per di più di famiglia molto osservante. Era “patriota”, ma le intemperanze dei fascisti gli davano fastidio e considerava come un’onta personale il razzismo in crescente espansione. Eravamo piuttosto amici, nonostante ci si desse del lei. La sua sorte è presto narrata. Aiutò in tutti i modi ebrei, slavi, antifascisti arrestati: voleva fare sentire che l’Italia era ancora un paese civile. Tentava di riscattare le Istituzioni che serviva e delle quali dovette sentire vergogna. Consolò gli afflitti, soccorse i derelitti, favorì qualche evasione. Scoperto e torturato dai tedeschi, fu mandato in un campo di sterminio in Germania. Non ne tornò.” ( in “Cattività babilonese”, Udine 1954 ). Chi ha tentato di mitizzarlo; chi recentemente di ucciderlo ancora! Nel 1994, mi imbattei questo sventurato Collega di tempi bui. Spirito guida? Mi sgorgò dal cuore la poesia detta nel link, che spero apriate ( tre minuti). A Natale, anche grazie a Nazareno Giusti, il poliziotto- artista che a voluto lasciarci il 4 novembre scorso, ho completato un manoscritto. Viaggia col loro spirito. Spero sia pubblicato. Sotto il quadro regalatomi anni fa a Campagna da un compaesano di Palatucci ( mi contatti, se legge) che nel 1996 diedi al Museo di Dachau; le copertine del fumetto e del libro di Nazareno; nonché le “note” del 1937 del Questore di Genova Rodolfo Buzzi, e del gennaio 1945 del colonnello delle SS Herbert Kappler. E la scultura che sorge ad Ari-paese della memoria, per Giovanni Palatucci, fratello di pace. Buona vita e tanta speranza, amici, e no. Vostro Ennio